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PASSATO E FUTURO DEL PARCO MINERARIO FLORISTELLA - GROTTACALDA di Silvia Consolo
Il Parco Minerario Floristella Grottacalda protegge le due omonime miniere di zolfo in esso ubicate e rappresenta uno dei più importanti siti di archeologia industriale presenti nel sud d’Italia. Simbolo di un passato non troppo lontano, ha ricoperto per due secoli un ruolo da protagonista nell’economia della provincia di Enna e visitarlo ci consente oggi di ripercorrere le diverse tappe della sua storia, così come dei tanti altri siti che in Sicilia ospitano miniere simili. L’industria solfifera siciliana nasce nel settecento, sotto i Borboni, durante i profondi sconvolgimenti provocati dalla rivoluzione industriale. In questi anni si sviluppa l’industria chimica e si scopre l’importanza e la duttilità di diversi materiali tra cui lo zolfo. In particolare la scoperta dell’acido solforico, quale molecola da cui ricavare utili derivati per l’industria tessile, l’agricoltura, la medicina e l’industria bellica, dà il via ad una crescente richiesta di questo elemento da parte delle maggiori potenze economiche mondiali, quali Francia ed Inghilterra. Ed ecco che la Sicilia, ricca del prezioso minerale, ma incapace di sviluppare un’economia basata sulla sua lavorazione, diventa la maggiore fornitrice mondiale di zolfo. L’apice delle esportazioni si osserva nell’ottocento, mentre cresce l’affannosa ricerca di siti in cui scavare miniere. L’agricoltura cede velocemente il passo ad una più redditizia fonte di guadagno, interi paesi sorgono vicino alle miniere e si consolida una nuova categoria di lavoratori: gabelloti, partitanti, picconieri, carusi, arditori, carrettieri, calcaronai, bottegai. Ma all’inizio del novecento, proprio quando gran parte dell’economia dell’isola si è sviluppata e modellata attorno alla esportazione dello zolfo, lo sviluppo di nuovi metodi di estrazione più veloci, efficienti ed economici nei paesi esteri (?) mette in crisi il mercato siciliano, ancora legato a tecnologie arretrate e poco competitive. La produzione decresce fino a scomparire del tutto negli anni settanta-ottanta, in particolare la miniera di floristella chiude definitivamente i battenti nel 1986, lasciando a noi oggi un patrimonio storico ed archeologico di immensa importanza culturale ma soprattutto sociale. Il Palazzo Pennisi, in passato residenza della famiglia proprietaria, domina il paesaggio circostante da un’altura adiacente al complesso minerario, quasi a sottolineare l’enorme divario sociale ed economico allora esistente tra padroni e lavoratori. La zona sottostante ospita le strutture utilizzate in diversi periodi per l’estrazione del materiale grezzo e per le varie fasi della lavorazione: i calcaroni, costruiti intorno al 1850, forni circolari in cui avveniva la fusione e separazione dello zolfo dal materiale inerte; più di 180 discenderie, strette e ripide gallerie scavate in epoca preindustriale per raggiungere il giacimento, i 3 pozzi di estrazione e i castelletti, di cui il più antico risale al 1868, costruiti quindi in epoca più recente; i forni Gill, sistema più moderno per la fusione dello zolfo adottato a partire dal 1880. Sono inoltre visibili la “lampisteria” ed i ruderi degli edifici di servizio quali l’infermeria, gli alloggi dei minatori e il locale del dopolavoro. Sopravvivono ancora i resti di un’antica ferrovia che collegava le stazioni di Floristella e Grottacalda e serviva al trasporto dei vagoni contenenti lo zolfo. Nel sottosuolo, infine, si sviluppa il sistema di gallerie sotterranee dove avveniva l’estrazione, ormai chiuso da tempo e purtroppo non visitabile a causa dell’onerosità di un’eventuale riapertura e ristrutturazione. Questo complesso, definito da alcuni “un museo a cielo aperto”, sorge in un’area altrettanto rilevante da un punto di vista naturalistico, un vero e proprio geosito che ospita la sorgente di acque sulfure che alimenta il Rio Floristella e le “maccalube”, dette anche “vulcanelli di fango” per la continua emissione di gas metano, creato dalla decomposizione di materiale organico, e di acqua ricca di sali e minerali ferrosi. Allo stato attuale l’area sottoposta a vincolo di tutela si estende per 400 Ha e comprende l’area mineraria di Floristella e la circostante area del demanio forestale, ma il perimetro del parco è destinato ad estendersi alla vicina miniera di Grottacalda. Oggi l’Ente Parco, istituito nel 1991 e da poco aderente al geopark Rocca di Cerere, grazie ad un cospicuo finanziamento, proveniente principalmente da fondi comunitari, sta realizzando interventi di recupero e restauro di gran parte delle strutture esistenti ed è prevista, inoltre, la realizzazione di nuovi impianti finalizzati ad una migliore fruizione del sito. È gia in atto un’opera di restauro e musealizzazione del Palazzo Pennisi, il quale ospiterà, una volta terminati i lavori, una esposizione di reperti di archeologia industriale sulla civiltà mineraria. “Tale esposizione - spiega il responsabile Salvatore Di Vita - sarà finalizzata non solo a testimoniare la storia della civiltà mineraria, ma soprattutto a custodirla e tramandarla nel tempo”. Le diverse sale del museo racconteranno questa realtà attraverso i vari reperti, materiale multimediale, una sala di proiezione per la visione di filmati documentaristici, una collezione di minerali e cristalli, riproduzioni virtuali della miniera e del sistema di gallerie sotterranee. Gli interventi di ristrutturazione previsti per i prossimi mesi tenderanno alla valorizzazione e all’aumento di fruibilità di fabbricati, strutture dell’area mineraria e percorsi escursionistici. È inoltre in fase di progettazione la realizzazione di un’area di sosta per roulottes e di un campo di tiro con l’arco. Si prevede, infine, il riuso del vecchio fabbricato del dopolavoro per adibirlo a “Casa Natura” con 16 posti letto. I lavori verranno terminati entro il 2008 e rappresentano un perfetto esempio di valorizzazione del patrimonio turistico e culturale della nostra terra. Un sito di tale importanza naturalistica, storica, etno-antropologica, eccezionalmente adatto ad ospitare ogni tipo di turismo: scolastico-didattico, ambientale, archeologico etc, è il luogo ideale per una lezione a cielo aperto tanto quanto per un’escursione di trekking. Non a caso questo paesaggio, che senza fatica rievoca un’ atmosfera di altri tempi, è stato scelto nel 2007 dal regista Pasquale Scimeca come set cinematografico per la realizzazione del film “Rosso Malpelo”, che a breve dovrebbe uscire nelle sale cinematografiche. Silvia Consolo |
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