GIROLAMO VALENTI
Una certa storiografia di taglio
municipalistico ama corredare le storie di questo o quel comune di un’appendice
in cui collocare gli uomini illustri, o presunti tali, cui il paese in
questione diede i natali. Per quanto riguarda la nostra piccola patria, va
rilevata la corposa, vasta lacuna dovuta all’assenza di Girolamo Valenti, un
valguarnerese misconosciuto dai suoi concittadini che nel metaforico Panteon in
cui alloggiano gli “uomini illustri” del paese merita di entrarci dalla porta
principale. Oriana Fallaci, per fare un nome noto, lo annovera tra “gli
intellettuali di grande valore” della colonia antifascista italoamericana di
New York negli anni Trenta. Ma andiamo con ordine.
Girolamo Valenti, figlio di Gaetano e di
Maria Arena, nasce a Valguarnera il 16 aprile 1892 ed è battezzato il giorno
successivo (la fretta suggerisce che si dovette probabilmente si temere per la
vita del neonato) dal canonico Di Gregorio della Chiesa Madre, padrino il sig.
Giuseppe Napoli. E’ gravido di simbolica predestinazione il fatto che i suoi
primi passi coincidano con quelli del socialismo in un paese in cui la febbrile
attività dei Cottonaro, dei Profeta e di tanti altri sta creando quel movimento
popolare che, prima di consumarsi nella fiammata del 25 dicembre 1893, fa
nascere speranze nelle menti proletarie ed incubi in quelle proprietarie.
Don Gaetano era impiegato in una miniera
e pare che con lui Girolamo da adolescente si sia più volte scontrato proprio a
proposito delle condizioni degli zolfatai. Completati gli studi secondari a
Catania, Girolamo iniziò a lavorare presso le poste della città etnea e nel
contempo a frequentarvi i circoli socialisti. Nel 1911, a 19 anni, sposa a
Caltagirone Angela Mangiavillano e subito dopo emigra
negli Stati Uniti con un sogno nel cassetto: quello di diventare giornalista.
Il suo impegno politico ha inizio a Rochester, la città dello stato di New York
in cui risiede una nutrita colonia italiana che annovera centinaia e centinaia
di valguarneresi. E’ lì che pubblica il settimanale in lingua italiana La
Domenica e diventa uno degli animatori della Federazione Socialista
Italiana del Partito socialista d’America. Convinto assertore dell’importanza
di educare le masse ai principi socialisti, acquista la fama di essere uno fra
i più efficaci propagandisti nei confronti degli emigrati italiani e a New York
succede nel 1917 a Vittorio Buttis nella direzione del quotidiano La Parola
Proletaria. Divenne successivamente personaggio di spicco nell’attività
sindacale del settore tessile, collaborando con la Camera del Lavoro Italiana
di New York e scrivendo articoli per il giornale della stessa, Il Veltro.
Il periodo fra le due guerre
lo trasformò da abile ma pacato oratore, a fiero oppositore del regime
mussoliniano, sulle pagine del Nuovo Mondo, de La Parola e La
Stampa Libera. Insieme a Borghi, Carlo Tresca ed Arturo Giovannitti,
Valenti organizzò in America una campagna antifascista a 360 gradi, promovendo
iniziative editoriali, politiche ed organizzative. Tresca teme per la vita del
valguarnerese, più volte raggiunto da lettere minatorie, ma sarà lui, com’è
noto, ad essere assassinato nel 1943 per mano di una famiglia mafiosa
newyorkese in combutta con il console fascista che pensa bene di offrire a
Mussolini la testa del carismatico leader italoamericano.
Nel 1936 a New York, in
occasione dei tradizionali festeggiamenti del Columbus Day, 20.000 persone
(perlopiù italoamericani) riunite al Columbus Circle ebbero modo di ascoltare i
discorsi pro-Mussolini dell’allora governatore Herbert H. Lehman e soprattutto
di Generoso Pope, editore del filofascista Progresso Italoamericano, mentre
i fonografi diffondevano le note di “Giovinezza”. Alcuni metri più in là, si
teneva un’assemblea composta principalmente da membri del partito comunista
italoamericano, socialisti riformisti, rivoluzionari, anarchici e sindacalisti.
Il portavoce di questa contromanifestazione fu proprio il nostro Girolamo
Valenti, da poco presidente dell’Italian Anti-fascist Committee. Valenti tenne
un appassionato discorso in cui, prendendo le distanze dallo stalinismo,
auspicò un fronte unico internazionale per la lotta “contro il totalitarismo,
rosso o nero”, ma in particolare contro coloro i quali, come Pope “sostengono
il fascismo, sinonimo di schiavitù”.
Scoppiarono tafferugli con i fascisti e fu necessario l’intervento di
una squadra speciale di 300 poliziotti per sedarli.
Con la sconfitta del
fascismo, la lotta che aveva assorbito le energie di Valenti per vent’anni
giunse al termine. Invano aspirò ad un
posto nel governo americano o nei sindacati come esperto degli affari italiani,
così nel 1946 iniziò una nuova professione come direttore di programmi italiani
per le stazioni radio. Morì a New York nel 1958, lasciando un’impronta
indelebile nella storia di quella rete sindacale che si rivolgeva agli
immigrati italiani che miravano a preservare la loro identità etnica pur
calandosi il più possibile nella realtà lavorativa americana.
Enzo
Barnabà
(in
collaborazione con Chiara Mazzucchelli)
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